di Matteo Arfini
IT capitolo due, seguito dell’enorme successo cinematografico della pellicola precedente e libero adattamento del capolavoro horror (ma non solo) di Stephen King, non è un film facile da giudicare. Le grandi aspettative derivate da una prima parte buona se non eccellente sotto molti punti di vista, la difficoltà di trasporre un romanzo ricco e variegato, oltre alla precisa scelta di mantenere una netta divisione tra passato e presente (in continuo intreccio nel romanzo), rappresentano tutti ingredienti ardui da amalgamare per potere dare forma ad un buon prodotto finale.
Lo ammetto subito. Questo seguito non è al livello del precedente. Non fraintendiamo: sicuramente siamo di fronte ad un’opera cinematografica di qualità e di grande intrattenimento. Non a caso infatti le oltre due ore e quaranta lungo le quali viene diluita la vicenda dei perdenti scorrono via velocemente senza troppi intoppi, ma fin dalle scene iniziali, fin dall’iconica cena nel ristorante cinese ci si accorge che qualcosa si è irrimediabilmente rotto.
L’alchimia, la naturalezza dei rapporti tra i ragazzi del primo capitolo, quell’amicizia vera e genuina che è uno dei reali elementi di debolezza di IT, non si ritrova nelle controparti adulte e nelle loro prove attoriali. A parte un grande Bill Harder e un buon James McAvoy, tutti gli altri personaggi risultano estremamente piatti, privi di carattere e di pathos, ma soprattutto incapaci di “fare gruppo” nel senso letterale del termine.
Questa mancanza di una profonda connessione tra i membri del “Losers club” si riflette nella frammentazione, forse eccessiva, attraverso cui si snoda la parte centrale del film, dove ritroviamo nuovamente ogni personaggio solo ad affrontare le proprie paure ed il proprio passato in uno schema però non così convincente ai fini della narrazione della vicenda.
L’altro non trascurabile punto debole di questo seguito riguarda la sceneggiatura. Se nulla può essere criticato al regista Andy Muschietti e a tutto il reparto tecnico (effetti visivi ahimè esclusi), impeccabile nelle inquadrature e nelle scelte stiliste ancor di più rispetto a IT – capitolo 1; a parte un prologo spettacolare che vede protagonista il giovane regista canadese Xavier Dolan, la trama in sé finisce per essere troppo ripetitiva e poco organica, in particolare di fronte ad un finale del tutto scollato dal resto del film e oltre ogni modo sbrigativo e sommario.
Il tentativo di portare sullo schermo alcuni elementi cardine del romanzo (come il rito di Chud) rappresentano un fallimento totale volto solamente a ridicolizzare le situazioni, elemento già presente (troppo) nelle scene horror dove il Pennywise di Bill Skarsgard (sempre magistrale e ineccepibile) finisce per diventare motivo di risata piuttosto che di spavento. Nonostante il clown assassino abbia a disposizione uno spazio assai più ampio sullo schermo rispetto alla precedente avventura, lo vediamo seriamente protagonista ed inquietante in sole due scene, una delle quali assente nel romanzo ma totalmente azzeccata.
Insomma, carico di aspettative dall’impresa compiuta due anni fa, mi aspettavo decisamente qualcosa di più. Ripeto, il film non è affatto brutto o spiacevole. Anzi sono convinto che molti lo apprezzeranno e usciranno dalla sala soddisfatti. Rimane però un po’ di amaro in bocca per come sono state gestite alcune scelte a livello di trama, senza costruire un vero e proprio background alle vicende narrate e ai personaggi, come se fossero stati costretti ad inserire alcune situazioni senza però essere ben consapevoli di come trattarle o svilupparle. E nonostante faccia un po’ male dirlo, è nei flashback (ed in un cameo che farà molto felici i fan) che è veramente possibile ritrovare la magia e l’atmosfera dell’ universo di King, e l’autentico club dei perdenti.
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